Esportare la Dolce Vita – Vicenza 18 11 2019

Il potenziale dei beni finali di consumo belli e ben fatti sui mercati esteri

Il potenziale dei beni finali di consumo belli e ben fatti sui mercati esteri

Tratto da:
www.confindustria.it

Giunto alla sua decima edizione, Esportare la dolce vita cambia forma. Rispetto alle passate edizioni, che avevano presidiato in modo continuativo i prodotti afferenti alle produzioni delle cosiddette “tre F” (fashion, food, furniture), i criteri di individuazione dell’oggetto di analisi del Rapporto sono cambiati. È prima di tutto più ampia la gamma dei prodotti considerati “in partenza”: da quest’anno il perimetro delle produzioni prese in considerazione dall’analisi si estende infatti a includere tutte quelle destinate alla domanda finale di consumo. Questa nuova articolazione consente di individuare l’oggetto dell’analisi sulla base di presupposti più definiti, isolando una componente importante – e caratterizzata da problematiche in gran parte comuni – delle esportazioni italiane di beni manufatti: l’aggregato dei beni finali di consumo è infatti caratterizzato nel suo insieme dal fatto che le produzioni che lo compongono sono legate da diverse peculiarità sia dal punto di vista organizzativo delle imprese che li immettono sul mercato, sia da quello commerciale, dato il target definito di consumatori a cui si rivolgono.

Per delineare il nuovo perimetro dei beni “belli e ben fatti” (BBF) ci si muove per cerchi concentrici: all’interno dell’insieme dei beni esportati viene prima isolato l’aggregato che corrisponde ai beni finali di consumo, e poi in questo ambito viene individuato un secondo sottoinsieme, che corrisponde a quei beni le cui esportazioni sono caratterizzate per l’Italia da valori medi unitari relativamente alti (superiori al 75esimo percentile della distribuzione dei valori medi delle esportazioni di ciascuno di quei beni per tutti i paesi considerati nell’analisi). In questo modo viene identificato un core di beni esportati che colloca l’Italia in una posizione di vantaggio relativo sul piano della “qualità” delle sue esportazioni. Questo insieme di beni, che sono quelli in cui l’Italia risulta primeggiare in termini del loro contenuto qualitativo, corrisponde a quello che il Rapporto definisce da quest’anno come bello e ben fatto. Si tratta di tutti quei prodotti che si contraddistinguono per design, cura, qualità dei materiali e delle lavorazioni, e che contribuiscono a diffondere nel mondo l’immagine dell’Italian way of life.

Importanti novità sono state introdotte anche dal punto di vista della misurazione del potenziale dei mercati: è stata adottata una nuova metodologia – Export Potential Analysis and Development (ExPAnD). La principale differenza rispetto al passato è l’attenzione rivolta alla performance di paesi simili all’Italia: gli elementi presi in considerazione nel confronto tra i diversi paesi esportatori includono il reddito pro-capite, i prezzi (valori medi unitari), il grado di specializzazione, il grado di diversificazione dell’export, la sostituibilità dei beni esportati, le quote di mercato e la distanza geografica. In sintesi, margini di crescita si rilevano ovunque ci siano paesi esportatori con caratteristiche simili e con performance superiori all’Italia. La metodologia ExPAnD della Fondazione Manlio Masi è stata sviluppata da Tullio Buccellato ed Enrico Marvasi in un progetto di ricerca avviato nel 2012 e coordinato da Beniamino Quintieri.

[LINK al sito di Confindustria/Centro Studi]

ABSTRACT dal sito di Confindustria [LINK]

L’Italia è campione di qualità nel mondo attestandosi al terzo posto nella classifica internazionale degli esportatori dei beni finali di consumo di fascia alta. Le eccellenze del Made in Italy (il bello e ben fatto) valgono 86 miliardi di euro di export nel mondo, rappresentano il 15,6 per cento delle esportazioni complessive dell’Italia e sono trasversali a tutti i principali comparti.
È quanto emerge dalla decima edizione di “Esportare la Dolce Vita”, il rapporto realizzato dal Centro Studi di Confindustria con il sostegno di Sace Simest, la collaborazione con la Fondazione Manlio Masi e il contributo di Confindustria Ceramica, Cosmetica Italia, Federalimentare e Ucina che oggi presentiamo a Vicenza.
La ricerca quest’anno si focalizza su “Il potenziale dei beni finali di consumo belli e ben fatti sui mercati esteri” con l’obiettivo di fornire un quadro delle aree geografiche, i settori su cui puntare e il tipo di concorrenza con cui è necessario misurarsi.
I prodotti belli e ben fatti (BBF) sono tutti quei beni finali di consumo che l’Italia esporta a prezzi elevati e che si contraddistinguono per design, cura, qualità dei materiali e delle lavorazioni, contribuendo a diffondere nel mondo l’immagine dell’Italian way of life.
La studio stima per il BBF un ulteriore potenziale di export di quasi 45 miliardi di euro, di cui 33,5 miliardi verso i paesi avanzati e 10,9 verso gli emergenti.

I paesi avanzati su cui puntare sono:
Stati Uniti (8,2 miliardi di euro)
Germania (3,3 miliardi)
Giappone (2,6 miliardi)
Regno Unito (2,5 miliardi)
Francia (2,1 miliardi).

Tra le economie emergenti i mercati principali risultano:
Cina (3,3 miliardi di euro)
Emirati Arabi Uniti (1,3 miliardi)
Qatar (0,8 miliardi)
Arabia Saudita (0,8 miliardi)
Russia (0,6 miliardi)

Stati Uniti, Cina e Germania sono quindi i principali mercati per opportunità di export, anche se per ragioni diverse.

Per quanto riguarda i settori, oltre a quelli che rientrano nelle cosiddette “tre F” di fashion, food, furniture, i comparti a più alto contenuto di prodotti di qualità ed eccellenze spaziano su un’ampia gamma che va dalla cosmetica alla ceramica, dalla nautica ai motocicli. Tutti settori che sono stati tra i più dinamici dopo la crisi del 2008. L’Italia, inoltre, è prima al mondo per quote di BBF in Legno e arredo, Pelletteria, Calzature, Tessile e abbigliamento.

Le crescenti spinte protezionistiche, infine, rischiano di danneggiare molti comparti del Made in Italy e di ridimensionare il loro potenziale di crescita verso numerosi mercati di sbocco, USA in primis.
Seppure l’Italia non è per ora tra i paesi più colpiti, alcuni prodotti legati al BBF ne sono già risultati danneggiati. La risposta in questo contesto di crescenti tensioni viene dagli accordi commerciali, che aiutano a creare certezze per favorire gli scambi. Nel rapporto si approfondiscono tre accordi sottoscritti dall’Unione europea negli ultimi anni, ossia quelli con il Canada, la Corea del Sud e il Giappone.

Infine, “Esportare la Dolce Vita” indica tre assi su cui puntare per trasformare l’export da potenziale in effettivo: continuare a promuovere gli accordi commerciali, potenziare la p resenza del made in Italy sulle piattaforme di e-commerce e contrastare i fenomeni dell’italian sounding e della contraffazione. 

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l.ariazzi@confindustriamoda.it
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